L’assunto che “Firenze insorse e si liberò da sola” è uno slogan facilmente smentibile. Non ci fu alcuna insurrezione che portò al ritiro tedesco dell’11 agosto; questo, come il precedente del 4 e quelli successivi del 18 e del 25 agosto 1944, fu programmato: gli arretramenti avvennero sempre nella notte tra il giovedì e il venerdì. A Firenze non ci fu alcuna insurrezione contro i tedeschi. Questi due dati sono incontrovertibili. Ma anche un terzo lo è: i partigiani persero tutte le battaglie, contro i tedeschi e contro i franchi tiratori fascisti (questi ultimi avevano l’obiettivo di spargere il terrore tra le fila partigiane e alleate: obiettivo pienamente raggiunto).
Come si fa in Italia per nascondere uno scandalo o una sconfitta? Si concede un’onorificenza. Nel primo anniversario della Liberazione di Firenze venne in città il presidente del Consiglio, Ferruccio Parri, e conferì a Firenze la Medaglia d’Oro al Valore Militare.
Per nascondere lo scandalo del 1944 e quello del 1945 la città non ha fatto altro che “dimenticare” le fonti storiche inglesi. Nel 1947 Winston Churchill scrisse che i tedeschi furono costretti a far saltare i ponti sull’Arno a causa dello sfondamento della Seconda Divisione Neozelandese. Nel 1986 il maggiore Charles Macintosh scrisse che l’11 agosto 1944 trovò la Giunta del CTLN nel panico: politici e militari erano convinti che i tedeschi si fossero ritirati per fare uscire i partigiani allo scoperto, per poi ritornare con i mezzi corazzati. Avevano sbagliato anche questa previsione. I tedeschi tornarono nel centro storico tutte le notti fino al 26 agosto 1944, per far capire che, se avessero voluto, avrebbero potuto riprendersi la città in ogni momento.
La menzogna ciellenista dell’11 agosto, secondo cui: «… nelle prime ore di questa mattina formazioni della divisione garibaldina Arno misero in fuga oltre 400 soldati tedeschi…» venne poi modellata dal giornalista Sergio Lepri nello slogan sicuramente più efficace: “Firenze insorse e si liberò da sola”. In esso il soggetto non è più il braccio armato del PCI bensì l’intera città che prende in mano il proprio destino (“insorse”). Con l’efficacia del verbo riflessivo trasmette più messaggi: non una minoranza, ma tutta la città partecipò alla lotta di liberazione (“Firenze insorse”); quella battaglia fu condotta dalle sole forze partigiane (si cancellava così il ruolo fondamentale degli Alleati che avevano costretto i tedeschi a ritirarsi attraverso la città); si faceva credere che tutta la popolazione, senza alcun aiuto esterno, avesse partecipato a quella lotta contro Golia; si lasciava intendere, infine, che era la prima volta che ciò accadeva in Italia.