Alberto Borgogno propone una nuova traduzione del capolavoro di Eschilo I Persiani, la tragedia greca più antica fra quelle che ci sono pervenute, l’unica che ha per soggetto un fatto storico, ossia la disfatta a Salamina (480 a.C.) dell’immenso esercito di Serse ad opera della flotta ateniese: vittoria dell’Occidente contro l’Oriente, dei Greci contro il progetto persiano di assorbire tutti i popoli del mondo conosciuto in un barbaro impero universale. La particolare efficacia drammatica dei Persiani risiede soprattutto nella scelta di portare sulla scena il punto di vista non degli Ateniesi vincitori, ma dei Persiani sconfitti: l’episodio storico è rappresentato attraverso gli occhi dei barbari, con la messa in scena della loro disperazione, e in questo modo si realizza la massima esaltazione dell’impresa greca. Ma ad Eschilo interessava anche valutare l’accaduto secondo una prospettiva etica: l’ombra di Dario, padre del sovrano sconfitto, rivela che la causa del disastro sta nella hybris del figlio Serse, nella sua superba empietà che l’ha portato a distruggere i templi della Grecia e ad aggiogare con un ponte di barche il divino Ellesponto, sfidando l’ordine della natura.
Abstract
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