Le barbarie comuniste dell’11-31 agosto 1944 spacciate come Festa della Liberazione
Questo nuovo libro dello storico e ricercatore Paolo Paoletti, interamente dedicato alle vicende belliche fiorentine dell’agosto 1944, mette a nudo i meccanismi politici che portarono alla proclamazione e poi all’istituzione della Festa della Liberazione di Firenze.
Si tratta di un’opera “scomoda”, che “farà discutere a lungo” (come rileva nella Prefazione il senatore Riccardo Nencini), pur basandosi su fatti storici ampiamente documentati – o forse proprio per questo motivo. Il problema è che spesso, in Italia, la verità non può essere affermata con serenità e chiarezza, specie su “certi” argomenti.
Secondo l’interpretazione dell’Autore, infatti, al di là della propaganda e dei proclami, 1’11 agosto 1944 non fu soltanto il giorno della prima sconfitta partigiana sulla riva destra dell’Arno (fatto prevedibile, anzi scontato), ma anche il giorno del secondo “sganciamento” tedesco e del panico ai vertici del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale nel timore di un ritorno germanico. Fu il giorno del caos, dell’insubordinazione dei “garibaldini” della brigata Sinigaglia al proprio comandante, delle vendette e delle esecuzioni sommarie di fascisti o supposti tali (nelle quali caddero pure cittadini innocenti). E fu anche il giorno degli stupri e delle rasature delle donne fasciste, delle requisizioni illegali delle abitazioni dei fascisti, delle occupazioni indiscriminate.
In relazione a questi terribili episodi – quanto di più remoto dalla civiltà – è dunque impossibile non chiamare in causa “La vergogna di Firenze”.
L’11 agosto 1944 fu il giorno in cui tutto venne permesso, poiché mancò il controllo di una qualsiasi forma di autorità civile e militare: in questo caso, la colpa non va tanto al fantomatico ed evanescente “governo provvisorio” del CTLN, di fatto privo di poteri, quanto ai fin troppo prudenti liberatori alleati che da una settimana occupavano l’Oltrarno senza intervenire nel resto della città (dove erano in attività i franchi tiratori fascisti).
Ecco perché l’Autore parla apertamente di “vergogna” e definisce quella data “il giorno più buio”.
Quello che emerge dall’attenta ricostruzione storica di Paoletti è un quadro desolante di inefficienze, calcoli politici e menefreghismo che, per carità di patria, si è voluto trasformare nel “Giorno della Liberazione”: una liberazione che qualcuno considera come il frutto di una “battaglia vittoriosa” e qualcun altro preferisce vedere come l’esito trionfale di una “insurrezione di popolo” (che mai c’è stata, in quanto i fiorentini se ne restarono chiusi nelle loro case).
Una delle prime azioni della nuova Amministrazione comunale, appena insediata dopo la guerra, fu quella di scolpire nel marmo di una lapide la menzogna fatta Verità. Non potendo riconoscere che tanti combattenti partigiani (e non solo) erano morti inutilmente, venne affissa su una fiancata di Palazzo Vecchio una pietosa bugia: ovvero che quei Caduti avevano riconquistato la libertà.
In questo libro vengono esposti e analizzati i fatti storici ma anche le loro cause e conseguenze, che conducono a ribaltare inesorabilmente la versione partigiana – ovvero l’indiscutibile “vulgata”, imposta come “Verità Assoluta” da quasi ottant’anni a questa parte.
L’11 agosto, una volta istituzionalizzato, divenne così il giorno della vittoria dei maestri del consociativismo e degli “intellettuali organici”, i quali avevano finalmente ottenuto ciò a cui aspiravano: uno scranno in Palazzo Vecchio o in palazzo Medici Riccardi.
Il potere cattocomunista sulla città nasce da lì, sostiene Paoletti; e da lì avrebbe sistematicamente aggiustato la storia, perpetuandosi fino ai giorni nostri.
L’AUTORE
Paolo Paoletti
Insegnante di Lingue e Letterature straniere moderne nelle scuole medie superiori, Paolo Paoletti (pubblicista dal 1988) ha iniziato a fare ricerca negli archivi, soprattutto stranieri, dal 1984.
Dopo la scoperta, nel febbraio 1994, dei fascicoli inglesi e americani sulle stragi nazi-fasciste, che spinse il Procuratore Militare di Roma, Antonino Intelisano, a cercare e trovare il cosiddetto “armadio della vergogna”, si è interessato soprattutto ai crimini di guerra nazi-fascisti pubblicando 23 saggi (molti dei quali dedicati alla Firenze del periodo bellico).
Fin dal suo primo libro “Firenze. Guerra & Alluvione”, scritto nel 1985 con Mario Carniani, ha sistematicamente messo a confronto le testimonianze dei protagonisti delle vicende storiche narrate con i documenti d’archivio.
Per i tipi di “Edizioni Tassinari” ha pubblicato i volumi storici Quale Liberazione?, Beate menzogne (e venerabili segreti) e Una Guernica italiana, il romanzo fantastorico Colomba mortale e il saggio sui cittadini onorari di Firenze Il declino di un’onorificenza.