Leggere le poesie, per me, è sempre un’esperienza particolare. Un’esperienza filosofica, emotiva, umana, estetica, intima, quasi sacrale. Una sorta di “lettura a se stessi” in cui i sensi e l’intelletto sono in pari modo coinvolti. La stessa autrice, peraltro, già nel titolo della raccolta, ci dà indicazioni in tal senso… meditazioni, riflessioni, considerazioni, e poi il quasi, a momenti, poetiche.
Ecco che il riserbo, la titubanza, la reticenza si fanno strada. Eppure, a ben vedere, cogliendo le immagini dai versi, sembra che proprio il non detto, la parola allusiva, il verso pudico (Il mio cuore/Che d’amore si sostanzia/E d’amore muore) richiedano ascolto: sono voci da scoprire tra le righe, poiché sono voci che raccontano, si raccontano.
Arcangela Miceli
L’AUTRICE
Nata a Cosenza, in Calabria, e nelle sue vene scorre sangue arberesh, da parte di madre. Ama i cavalli da sempre ed è horseman; ama la musica ed è violinista; ama far sentire le persone capaci ed è insegnante di scuola primaria; ama riflettere e giocare ed è ludosofa; ama la spiritualità ed è molto vicina a quella dei Carmelitani scalzi. Ama amare e di tutto questo essere ha scritto e ancora scrive… e disegna e… Vive.